Sesso? No, grazie. Nella società ipersessualizzata, sempre più persone vogliono vivere senza far sesso.
Secondo una stima della Società italiana di Andrologia, negli ultimi dieci anni è triplicato il numero delle ‘coppie bianche’: sono partner stabili, sposati o conviventi che hanno rinunciato ai propri rapporti intimi per vivere come fratello e sorella. Una scelta che sembra sia più diffusa nei grandi centri urbani, complice la frenesia e lo stress della vita metropolitana che inibisce la passione ed il desiderio.

Vi sono casi estremi in cui il calo della libido arriva fino a raggiungere una precoce pace dei sensi già intorno ai 40-50 anni.
Stando anche ad un rapporto dell’Associazione per lo Studio dell’Analisi Psichica e la Ricerca in Sessuologia, su un campione di 1215 intervistati (tra i 18 e i 55 anni), il 32% ammette un calo del desiderio generalle che sfocia in apatia e spesso al rifiuto.

Affrontiamo la questione con il Prof. Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna, esperto in sessuologia e autore di uno studio sulle compulsioni nella sessualità.

A quasi 50 anni dalla caduta dei tabù sessuali, sembra che l’unico tabù sia rimasto quello di non voler fare sesso. Ormai che tutto è concesso, sembra quasi vergognoso dover affermare per propria libera scelta: “No, grazie, io del sesso ne faccio a meno e sto bene così”.
Sembra che sia proprio l’onnipresenza del sesso su ogni canale mediuatico uno dei motivi indiziati di questa rinuncia volontaria al sesso. Nessun freno quindi al sentirsi anormali o suscitare la curiosità di chi è ormai abituato ad una società ricca di stimoli sessuali.

Se è vero che i rapporti sessuali cominciano molto precocemente e sempre con meno romanticismo, è anche vero che il sesso tra i giovani viene spesso vissuto come una sorta di obbligo che li solleverà dal peso di liberarsi dalla sensazione opprimente della verginità (nel caso femminile) o del timore di non essere prestante (nel caso maschile).
È  piuttosto frequente anche il ricorso alla pillola blu anche da parte dei giovanissimi (recenti stime parlano di un caso su 3). Vengono spesso assunti questi farmaci per sentirsi più sicuri e, attraverso la potenza sessuale, per rafforzare la propria identità (ancora piuttosto fragile).
Questa potenza dopata, ottenuta appunto grazie al farmaco vasodilatatore, darà certamente sicurezza e farà evitare brutte figure al momento, ma annullerà ancor di più il senso di volontà e di virilità di cui un adolescente ha tanto bisogno per accrescere il proprio senso di sicurezza. Qualcuno accusa addirittura anche una certa ansia ed inibizione che fa sentire il rapporto sessuale come un vero e proprio esame da superare, sebbene lo si faccia con la persona che si ama di più al mondo!

Può anche accadere che le coppie (anche giovanissime) non abbiano più la stessa perserveranza ed interesse per i rapporti sessuali, al punto che l’efficienza sessuale li abbandonerà rapidamente.
Molti giovani lamentano il fatto di avere pochi rapporti sessuali già dopo pochi mesi dall’inizio della relazione,  rapporti che vanno gradatamente riducendosi fino a smettere del tutto entro i primi 2 anni di matrimonio o di convivenza (le statistiche parlano di un  buon 5-7% di casi).

Varie possono essere le motivazioni: dalla vita stressante (che porta a stanchezza fisica e mentale), fino ad arrivare ad una educazione molto cattolica e puritana (malgrado l’evoluzione dei costumi psico-socio-sessuali).
Di conseguenza il rapporto di coppia viene trasformato in un rapporto platonico fatto di sole tenerezze e carezze. L’unione d’amore viene idealizzata dai partner come se il rapporto sessuale e la corporeità fossero un semplice ostacolo a quella idealizzazione di amore tutta spirituale ed eterea.
Alcune coppie  addirittura si convincono che il loro rapporto può continuare ugualmente senza sesso, in qualche modo si sentono superiori perché riescono a non essere deboli rispetto alla fragilità della carne, riconsiderando e rivalorizzando la castità come un valore da preseverare.

E’ anche vero che una vita competitiva e stressante, dove tutto deve essere efficiente e perfetto, spesso inibisce la coppia e ci fa sentire inadeguati persino rispetto al rapporto sessuale col partner.
Questa forma di stress, inoltre, tende a creare un’abitudine alla rinuncia. Così come si inizia a rinunciare alle ore di svago, ai pasti sani, allo sport, allo stesso modo, via via, si rinuncia anche al sesso.

Da parte dei mass media (pubblicità compresa), si assiste ad un’enfatizzazione del piacere sessuale, che viene comunicato come l’unico piacere possibile che vale la pena di vivere: ciò può esercitare anche quell’effetto opposto di spaventare e di suscitare insicurezze per chi non si sente di essere all’altezza di un compito che sembra tutti sappiano svolgere egregiamente.

Sono mali della nostra società, le solite ‘seghe mentali’ insomma che si pongono quelle persone che non si sentono mai completamente sicure e mai al proprio posto, persone abituate a delegare i loro compiti ad altri (spesso complici gli stessi familiari) che li considerano ancora eterni bambini da proteggere e da continuare a tenere sulla bambagia.
Un male che porta inevitabilmente alla tristezza interiore, al disinteresse per la vita e per le proprie sensazioni, al calo dell’ottimismo e del desiderio per quella vita istintiva e sensuale che tanto piaceva ai nostri nonni ed ai nostri padri.
Un vero peccato per questa gioventù che non si sa tirar su e non sa riscoprire le più grandi ed inebrianti essenze del vivere.